Forcellini- Gli animali in chiesa: «Avevo paura dei cani poi ho deciso di benedirli»

Nella chiesa di San Camillo per la prima volta la cerimonia voluta da don Renzo: «Gli animali sono buoni compagni nella vita di molti»

L’appuntamento è per oggi alle 16.30, alla parrocchia di San Camillo de Lellis, in via Scardeone 27. Sarà il giorno di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, e il parroco padre Renzo ha deciso di celebrarlo con la benedizione di tutte le bestiole che i fedeli vorranno portare.

«A me, in realtà, i cani hanno sempre fatto un po’ paura» dice padre Renzo, un mite uomo di chiesa originario della Val di Sole, in Trentino. «Al mio paesino non c’era un fornaio» ricorda «e mia mamma mi mandava a comprare il pane al paese vicino, dove però c’erano due grandi cani rabbiosi. Mi facevano paura, e per lo spavento lanciavo sassi a caso. Ma avevo sempre la peggio».

Con il tempo, però, l’anziano sacerdote ha imparato a riconoscere «del buono» in questi animali, tanto da voler dare anche a loro la benedizione del Signore. La “conversione” ha avuto inizio in Abruzzo, a Bucchiànico: al tempo era prete presso il Santuario di San Camillo De Lellis, cui è dedicata anche la sua attuale parrocchia a Forcellini. «Lì c’era un cane che aveva una sensibilità acutissima» racconta «e quando moriva qualcuno si recava alla casa dei familiari per accompagnare la salma, fino al cimitero. Non so come facesse, ma quando moriva qualcuno lui lo sapeva e andava dritto, senza mai sbagliare». Di cani, al paese, ce n’erano molti, «tutti estremamente buoni, sembravano privi del peccato originale» commenta il sacerdote, e poi sorride, come sorpreso delle sue stesse parole.

Padre Renzo è un uomo alto e dritto, sulla settantina. Ormai vive al Forcellini da diversi anni, e ogni giorno scruta la vita di quartiere. Il suo sguardo azzurro e buono si posa sulla sofferenza della gente, ma anche sulla bellezza del mondo. Lo racconta con sincerità non priva di stupore: «vedo tante persone che passeggiano con i loro cani, che sono una buona compagnia per chi non ce l’ha. Alleviano la solitudine, offrono affetto. Gli animali, per me, fanno parte in senso buono della vita degli uomini».

La curiosa cerimonia ha in realtà radici antichissime, che affondano nei primi secoli di cristianità. A Roma c’era una chiesa dedicata al Santo, e in questo periodo dell’anno diventava meta per nobili e contadini, che giungevano da tutta la città per raggiungere il luogo preposto alla celebrazione. La benedizione non era gratuita: i proprietari di buoi, pecore e cavalli erano tenuti, in cambio, a tributare un’offerta alla Chiesa, che poteva tradursi in un dono in natura da parte dei contadini o in una somma in denaro da parte dei nobili. La tradizione si è conservata in qualche paese nella provincia, ma a Padova verrà riscoperta oggi per la prima volta. Ovviamente in modo gratuito.

Silvia Quaranta

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